Prosciutto
San Daniele Dop
La
produzione del Prosciutto San Daniele deriva dall'usanza celtica,
affinata poi in epoca romana, di conservare le carni con l'aggiunta
di sale. In epoca medievale, quando la città di San Daniele
era residenza estiva del Patriarca di Aquileia, su volontà
di quest'ultimo, le tasse vennero pagate, per lungo tempo, sotto
forma di prosciutti. Questo prodotto fu sempre apprezzato da principi
e sovrani, tanto che è documentata una sua spedizione ai
principi di Ungheria, nel XVII secolo, e la sua presenza nelle mense
del Concilio di Trento.
Tra gli estimatori illustri di epoca recente, si annovera Gabriele
D'Annunzio. La diffusione su scala semi-industriale della produzione
di prosciutto San Daniele si registra intorno agli inizi del XX
secolo.
Come
si consuma
Prima di affettare il prosciutto è necessario asportare la
cotica e la sugnatura esterna, per evitare che il coltello possa
sporcarsi con il grasso di rivestimento, a scapito del gusto e dell'aroma
della fetta. Più la fetta è sottile maggiore è
l'esaltazione della fragranza e della delicatezza del sapore che
caratterizza il Prosciutto di San Daniele.
Il prosciutto si accompagna a diversi tipi di pane nonché
alla piadina romagnola, alla torta fritta parmigiana, detta anche
crescentina, o, anche, alla pasta sfoglia. Spesso è abbinato
al melone, ai fichi e ad altri frutti, anche tropicali, a formare
appetitosi antipasti, mentre il vino che meglio si accosta è
tipicamente bianco, a volte anche frizzante, quale Malvasia, Trebbiano,
Pinot Grigio.
Come
si conserva
I prosciutti interi vanno conservati in luoghi freschi (ma non in
frigorifero), avendo cura di rivestire la superficie di taglio con
un foglio di alluminio o di film plastico alimentare, dopo averla
unta con una goccia di olio. Il prosciutto affettato va consumato
in breve tempo per evitare che perda in freschezza; è meglio
quindi comprare solo la quantità di immediato consumo.
Come
si produce
La materia prima, cui viene aggiunto sale marino, senza altro conservante,
è sottoposta a sette fasi di lavorazione, la cui durata,
pur essendo commisurata al peso medio unitario della partita, dura
mediamente da 12 a 13 mesi, di cui almeno 8 sono dedicati alla stagionatura
naturale. Le fasi sono:
isolamento-raffreddamento delle cosce fresche in cella per 24 ore
al fine di uniformare la temperatura delle carni sugli 0 °C;
massaggiatura manuale e salagione, la cui durata è fissata
in un giorno per ogni chilo di peso della partita;
pressatura della coscia, per farle assumere la forma a chitarra,
che dura dalle 24 alle 48 ore;
riposo per 60-90 giorni per consentire la penetrazione e distribuzione
del sale;
lavaggio e asciugamento per un totale di 7-8 giorni;
eventuale prestagionatura per 35-40 giorni; stagionatura in condizioni
naturali di umidità e temperatura, durante la quale viene
effettuata uno o due volte la sugnatura, cioè l'apposizione
di uno strato di grasso misto a sale e pepe per impedire un'eccessiva
asciugatura della parte esterna.
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